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Una Doha distopica

Recentemente ho avuto modo di visitare Doha, la capitale del Qatar.

Sono un curioso, quando ho la possibilità di visitare un nuovo luogo mi ci butto a capofitto. Mi appassionano le mega strutture (un'eredità del mio corso di studi universitario) e il senso di sublime che, così come certi paesaggi naturali, sono in grado di sprigionare. Quello che ho trovato a Doha è stato un mix di sensazioni agrodolci che sono felice di condividere con voi quest'oggi...

Immagine realizzata attraverso prompt e AI (Midjourney). A volte credo che questo strumento tanto discusso (giustamente) sia molto utile per raccontare le proprie sensazioni.
Immagine realizzata attraverso prompt e AI (Midjourney). A volte credo che questo strumento tanto discusso (giustamente) sia molto utile per raccontare le proprie sensazioni.

Il primo impatto con Doha è abbagliante, un sensazione che avevo già provato a Dubai, Singapore o Abu Dhabi, per fare degli esempi. Metropoli scintillanti, svettanti e apparentemente impeccabili. A Doha gli impressionanti grattacieli di vetro riflettono il sole del Golfo, i viali sono sterminati e il lusso a volte ostentato. Durante la mia visita devo però dire che, dietro questa facciata di futuristica perfezione, si cela un vuoto. Un silenzio innaturale.

Ho avuto modo di visitare la città per due giorni e mezzo, vagando per chilometri tra le sue strade pulitissime (un giorno, tra corsa e passeggiata ho percorso più di 30km!) e i suoi quartieri iper moderni. La cosa incredibile è che mi sono trovato spesso solo, con un senso di spaesamento crescente.

Tutto è appariscente e tutto è progettato per impressionare ma la cosa non stupisce. È una ricorsa verso la grandiosità fine a se stessa: il grattacielo più alto, lo stadio più grande e tecnologico, la struttura più all'avanguardia e così via...ma la big city non è sicuramente a misura d’uomo. Passeggiare per Doha è un’esperienza quasi surreale: chilometri di marciapiedi praticamente deserti. Il traffico è costante ma ordinato, ci sono poche persone a piedi. Mi è capitato di incontrare qualcuno, principalmente giardinieri intenti a rendere ancor più perfetto un giardino che nessuno si sarebbe goduto, oppure gli stessi lavoratori in pausa pranzo, con uno snack veloce da sgranocchiare in uno dei coni d'ombra creati dai grattacieli o da una palma. Il più delle volte erano persone sole, davanti allo schermo del proprio smartphone. Poi ecco qualche sporadica coppia di turisti, qualche famiglia in vacanza e qualche runner come me, che sfidava il gran caldo del deserto. Ebbene sì, una manciata di persone in una città pronta ad ospitare almeno 6 milioni di abitanti (attualmente ce ne sono la metà, che vivono all'interno delle strutture per sfuggire al caldo a volte asfissiante di una metropoli che non avrebbe ragione di esistere in un'area geografica come questa). Pensate che nei giardini pubblici, tra un albero e l’altro, si scorgono lampioni che, a un’osservazione più attenta, si rivelano telecamere di sorveglianza! Un lampione su due almeno è una telecamera.

Un occhio elettronico sempre vigile, che trasforma la città in una scenografia orwelliana (vd video qui sotto).

"Lampioni-telecamera" ovunque

Come molti di voi sapranno dietro questa vetrina luccicante si cela una realtà ben più oscura. Il mondiale di calcio del 2022 ha lasciato dietro di sé non solo stadi avveniristici e infrastrutture monumentali, ma anche un’eredità di dolore e sfruttamento. Migliaia di lavoratori migranti, impiegati nella costruzione di questi colossi di cemento e vetro, hanno pagato un prezzo altissimo, con condizioni di lavoro disumane (con l'illusione di poter ricevere stipendi altissimi) e, in troppi casi, con la vita stessa (si parla di più di 10.000 vittime!). Un costo umano che sembra scomparire nel riflesso delle facciate specchiate della città, ma che rimane impresso nelle fondamenta della sua inutile grandiosità.

Un monopattino inutilizzato presso "The Corniche", uno dei luoghi più conosciuti e in teoria frequentati della città. Ero solo.
Un monopattino inutilizzato presso "The Corniche", uno dei luoghi più conosciuti e in teoria frequentati della città. Ero solo.

Dall'altro lato della medaglia, devo comunque dire che Doha sa anche affascinare, non ci sono dubbi. Le sue architetture con linee avveniristiche, la promenade lungo in Golfo (la Corniche) con vista dello skyline, la grandiosità dei musei (su tutti il magnifico Museo Nazionale del Qatar, che ricorda con le sue forme sinuose un modernissimo caravanserraglio, e il Museo di Arte Islamica che si trova in una magnifica posizione panoramica). Doha è palesemente città pensata per il business, per l’élite, per un turismo spesso fugace. Non a caso sia Doha che gli altri paesi del Golfo hanno creato e stanno creando numerosi hub di connessione aerea tra occidente e oriente. Lungimiranza è la parola d'ordine.

Ho lasciato questa città con la netta impressione di aver visitato un esperimento urbano, un assaggio di un futuro che non mi appartiene. E l’ho fatto con un senso di sollievo, pronto a perdermi da lì a pochi giorni nei paesaggi selvaggi della Nuova Zelanda, agli antipodi (in tutti i sensi!) di quella metropoli perfetta e senz’anima.

Se il futuro è Doha, io scelgo ancora l’imprevedibile caos della natura, il silenzio autentico della solitudine, la bellezza grezza di un mondo che non ha bisogno di brillare per esistere.


Qui sotto qualche altra immagine della mia esperienza a Doha:


A presto,

Andre

 
 

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