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Immagine del redattoreAndrea Pozzi

Ricordo dell'inverno più bello della mia vita.

(Nel rispetto di tutte le vittime e delle moltissime persone che in questo periodo storico hanno sofferto e che stanno tuttora soffrendo. Si tratta di una riflessione assolutamente personale e spero che la mia esperienza possa in qualche modo rappresentare un inno alla speranza).


L' "inverno più bello della mia vita". Può sembrare un’esagerazione, una provocazione, un’illusione. E invece no. C’è una pandemia in corso, è l’inverno 2020/2021. Il mondo è fermo e lockdown è diventato uno dei termini internazionali più utilizzati quotidianamente. Mastichiamo un nuovo linguaggio ormai, sono cambiati i metodi di comunicazione, le dinamiche sociali e geopolitiche a livello mondiale sono state stravolte e siamo tutti bloccati, fra quattro mura, in attesa che questo diavolo se ne vada e che ci lasci tornare là fuori per godere della nostra presunta libertà. A singhiozzo ci sono brevi momenti durante la giornata in cui è possibile uscire, per sgranchirsi le gambe o per andare a comprare provviste. L’inverno è arrivato precoce, fulmineo e implacabile. La luce è, di giorno in giorno, sempre meno e i pomeriggi sono spesso solitari, bui e lunghi. Sento tuttavia di trovarmi in una situazione di privilegio, non di sofferenza o sotto scacco e avverto quasi un senso di colpa nel confessarvelo. Che succede? A volte davanti agli occhi è come se avessimo dei filtri, che ci fanno vedere quello che la società vuole farci vedere, o che ci fanno procedere come marionette ripercorrendo gli stessi passi percorsi il giorno prima, vedendo le stesse persone, nello stesso luogo, con le stesse argomentazioni spesso troppo ripetitive o persino vuote. Questo dover per forza di cose restare rinchiusi in casa mi ha dato l’opportunità di apprezzare ancora una volta il valore del tempo e di rendermi conto di ciò che è davvero indispensabile.

E se non avessimo internet come valvola di sfogo? Se non avessimo modo di metterci in contatto con amici e famigliari? Che significato avrebbe questa pandemia e che potere avrebbe su di noi? Non potremo mai avere una risposta ma anche solo pensarci mi induce a fare qualche riflessione. Credo che nella vita non esistano aspetti negativi o positivi in senso assoluto, è tutta questione di prospettive e oggi voglio raccontarvi quello che è diventato l’inverno più bello della mia vita. È difficile affermare quale sia la mia stagione preferita ma sicuramente l’inverno, assieme all’autunno, riesce a risvegliare in me un qualcosa di ineffabile, come se questa parte dell’anno rappresentasse il momento per la meditazione, il momento perfetto per riscoprire la forza e la bellezza della natura, così come gli abissi inesplorati che risiedono nel nostro spirito.

Potete immaginare che privilegio nascere e crescere nel cuore delle Alpi, in un paese (Bormio) soprannominato la “Magnifica Terra”. Sugli sci per la prima volta a tre anni, come assaggio, la seconda volta a quattro e poi senza soluzione di continuità sino ad oggi. Ho trascorso ogni inverno calpestando neve e sciando tutti i santi giorni, soprattutto per i 15 anni della mia carriera di maestro di sci. È stato tutto meraviglioso. Crescere in un gruppo sportivo come lo sci club mi ha permesso da ragazzino di farmi tanti amici e di imparare a sciare divertendomi e soprattutto di stare quotidianamente a contatto con la natura. Partecipare a molte competizioni sportive mi ha fatto invece crescere, sotto molti aspetti che esulano chiaramente dal mero trofeo in palio. Sciare, sciare, sciare, d’inverno e anche d’estate, avendo la fortuna di vivere ai piedi dell’ultimo tempio dello sci estivo: il Passo dello Stelvio. Diventare maestro di sci a soli 18 anni (con il periodo formativo e di grandissimo divertimento annessi) è stato emozionante, un primo passo verso l’età adulta e di “realizzazione” come individuo. Insegnare poi, che bello! Trasmettere una passione, diventare il migliore amico e anche “psicologo” della persona che ti trovavi di fronte: che fosse un bimbo di cinque anni, un adulto italiano, inglese, americano o russo. Quante sorprese e nuove conoscenze, un bagaglio che si faceva sempre più grande e che mi spingeva a provare a realizzare nuovi sogni. I risparmi mi permettevano di viaggiare sempre di più e le persone per la maggior parte straniere con le quali mi rapportavo mi concedevano il privilegio di imparare piano piano le loro lingue, per potermi poi rapportare in una maniera più completa e approfondita con loro.

Tutto questo sempre circondato dalla natura, fra panorami mozzafiato, montagne di neve, cieli infiniti e quelle scie d'aereo, che durante ogni giornata passata in pista mi trasportavano verso orizzonti lontani, fantasticando di raggiungere nuove mete esotiche…

Con l’arrivo della pandemia tutto s’è spento, inclusi gli impianti di risalita. Divieto assoluto di aprire le stazioni sciistiche e persino di avventurarsi lungo le piste in autonomia. Ho sempre e solo praticato lo sci alpino, prima gareggiando e poi insegnando. Negli ultimi anni ogni giornata era giustamente focalizzata, oltre al piacere personale, all’insegnamento. Quello di maestro di sci è stato il mio lavoro principale fino a qualche anno fa. La professione di architetto mi avrebbe obbligato a troppe ore al chiuso e la cosa non mi andava. Cominciando poi a viaggiare intensamente, una quindicina di anni fa, ho scoperto innumerevoli possibilità e se oggi sono qui è grazie a quella mia voglia di evoluzione, che mai mi abbandona.

Anno 2020. È la fine di novembre e fatico a raggiungere l’uscio di casa. In poche ore è sceso mezzo metro di neve in valle, e continua a nevicare. Torno bambino, mi sento fresco come una rosa e con una quantità di energia accumulata che non saprei come liberare. Passeggio fra le vie del paese, mi tuffo nei mucchi di neve urlando di gioia come se fossero cumuli di zucchero. E poi di nuovo neve. È un’annata speciale, ormai è chiaro, allora con Roberta (la mia amata sorellina) capiamo che quello sarà il nostro inverno. Il nostro inverno da sci alpinisti!

Sono fotografo libero professionista, esprimermi con la fotocamera nella natura fa parte del mio lavoro e quindi per le ormai famosissime “comprovate esigenze lavorative” sono riuscito in questo modo a comprarmi la libertà. Le cinquanta giornate di sci alpinismo in mezzo alla natura finalmente incontaminata hanno disegnato il mio lockdown qui nelle Alpi retiche. Non avevo mai preso in considerazione lo sci alpinismo prima, lo trovavo “inutilmente faticoso”, lo ritenevo uno sport tronco…perché sì, ti permetteva di tenerti in forma salendo lungo un pendio più o meno impegnativo, ma poi la discesa sarebbe sempre e comunque stata una e di "dubbia qualità”, visti anche gli attrezzi meno performanti. Quanto mi sbagliavo, quanto amo sentirmi ignorante e ricredermi. Lo sci alpinismo ha trasformato per sempre la mia concezione del vivere la montagna. Lontano da tutto, dai luoghi più battuti, dall’eventuale chiasso, dalle code agli impianti, da quella rincorsa verso la discesa in più o più veloce. Lo sci alpinismo ti educa ed è terapeutico: in primis ci vuole tecnica anche per salire, secondariamente impari ad ascoltare il tuo respiro e i battiti cardiaci. Diventi poi osservatore più attento e anche un grande ascoltatore. Quando scruti la natura con passo lento ti accorgi che è tutto più bello e immersivo. Una meta là in alto ti aspetta e sai che quando finalmente la raggiungerai il tuo corpo si sentirà ogni volta più forte e tu sarai orgoglioso di avere raggiunto quel traguardo, vivendo un’esperienza sempre diversa. Sono le tue gambe ad averti portato alla sommità, non un mezzo meccanico. Sei tu, e scegli. Dove, come, quando, se possibile con chi, a che andatura, hai tutto in pugno. A volte non è nemmeno necessario raggiungerlo un obiettivo, perché l'unica cosa importante è semplicemente stare là fuori a sentire il vento gelato in faccia, a osservare la neve che cade dagli alberi incantati, a seguire uno scoiattolo che balza di ramo in ramo. Fa molto freddo a volte, e sudi. È magnifico. La quintessenza del vivere la natura. Oltretutto mi piace l’idea di autosufficienza. Non amo dipendere da qualcuno o qualcosa, anzi!

Porto con me poca attrezzatura ma è tutta indispensabile. Lo sci alpinismo ti responsabilizza, ti permette di sentirti partecipe, il tè che bevi lungo il cammino ti ritempra come nessun altra cosa al mondo, il pezzetto di cioccolato che mangerai in cima è il più succulento e desiderato che tu abbia mai addentato. Quest’inverno non c’è nulla di aperto qui sulle Alpi (in realtà in tutto il mondo!) e si è quindi assistito a qualcosa di raro, direi di unico ed irripetibile: il manifestarsi del silenzio. Quello vero. Da quando esisto ma anche da quando esistono i miei genitori o addirittura i miei nonni, non c’è stata una singola giornata fra queste montagne che registrasse il silenzio assoluto. È assurdo a pensarci e ci siamo forse dimenticati di questa possibilità, trasformatasi in uno dei più grandi privilegi mai vissuti. Nessun chiosco con musica, nessuno schiamazzo o risata in pista (sebbene possa essere a volte “piacevole”), nessun rumore di impianto di risalita a disturbare la quiete e niente auto in lontananza. Ah, nessun aereo in cielo! Oserei dire un silenzio anche visivo, non so se mi spiego.

La natura incontaminata, qui! Ho scoperto che la natura macchiata da elementi umani può tornare ad essere dominante e intatta in pochi secondi, nel momento in cui un’autorità decide che no, non si può aprire la stazione sciistica. E come me ne sono accorto io se ne sono accorti anche gli animali. Laddove c’è “morte” da una parte, c’è rinascita dall’altra. Una volta tanto è la natura a ringraziare e anche io ringrazio, perché quest’inverno sento di farne parte per davvero. Wow, non ho mai visto la neve così bianca! Essere il primo e ultimo a transitare su una pista chiusa, oppure esplorare un bosco così come salire sulla cresta di una montagna sconosciuta, è stato come vivere sotto un incantesimo. Dico spesso di avere maturato una nuova consapevolezza durante la pandemia e sicuramente nell’arco di quest’inverno ho avuto modo di mettere basi piuttosto solide nel processo di evoluzione al quale sempre tendo.

Potrei scrivere un libro narrando tutte le esperienze da solo o in compagnia fra queste vette e valli ma non è l’obiettivo di questa riflessione, che ho voluto condividere con voi per illustrare come, a volte, un evento apparentemente solo negativo, ci possa permettere di vedere il mondo e il rapporto con la natura (e anche con le persone) in maniera diversa. È così che ho vissuto l’inverno più bello della mia vita. Un inverno inaspettato, dallo spirito selvaggio, un inverno fatto di pianti (sì, anche quelli), grandi sorrisi e risate, di memorabili giornate all’aria aperta in cui la sfida con se stessi diventava uno grosso stimolo. Giornate in compagnia di persone speciali e dalle quali mai mi allontanerò, giornate lente, senza orari e senza fretta, con il solo pensiero di tornare a casa per una tazza di tè e per sognare l'arrivo del giorno successivo, che assomigliava sempre a una grande avventura! Forse la vita dovrebbe essere così, non lo so.

Forse non per sempre. Ad ogni modo mi rendo conto del privilegio vissuto e sono cosciente che un inverno così non tornerà mai più, forse nella storia dell’umanità, chi lo sa! Sono orgoglioso di averlo vissuto e soprattutto grato per tutto quello che ho ricevuto sino ad oggi. Life is beautiful!

Un abbraccio, Andre

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