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Immagine del redattoreAndrea Pozzi

Rapa Nui

Aggiornamento: 24 ott 2023

Volare all’Isola di Pasqua non significa raggiungere un luogo geografico, bensì una sensazione. Trovarsi così distanti da tutto e tutti ti permette di fare una pausa, di scendere dalle montagne russe della vita moderna per capire che c’è davvero tanto ancora da scoprire, da vivere.

Sebbene per molti aspetti la fiducia verso il genere umano stia a tratti scemando, qui mi rendo conto che il fascino del mistero dei moai è in realtà una magnifica maniera di esserne orgoglioso! Che cosa sono i moai e perché si trovano qui?

Di certo non aspettavano me per svelare il loro segreto ma credo che qui, come in altri siti archeologici sparsi in giro per il mondo e come anche in Natura, ci sia spazio per l’interpretazione di ognuno. Non c'è nulla di più bello. I moai sono enormi statue monolitiche scavate da un unico blocco di tufo vulcanico; alcune possiedono sulla testa un tozzo cilindro (pukao) ricavato da un altro tipo di tufo di colore rossastro, interpretato come un copricapo oppure come l'acconciatura un tempo diffusa tra i maschi.

I moai sono alti da due metri e mezzo fino a 10 metri (pensate che ne esiste uno, peraltro incompleto, di 21 metri!). Quelli alti circa 10 metri hanno un peso che può variare dalle 70 alle 80 tonnellate. Come siano stati trasportati nei punti più disparati dell’Isola è ancora un mistero e ci sono diverse interpretazioni a riguardo.

Essere qui in mezzo all'oceano è un privilegio. Percorro l’unica strada che attraversa la piccola isola, ho già un’idea abbastanza chiara della disposizione dei diversi idoli che sembrano circondarmi. Da qualunque punto di osservazione sembra di dover incrociare per forza di cose lo sguardo gelido e a tratti beffardo di un moai.

Non guardano mai verso il mare ma gli danno le spalle, quasi a voler custodire un segreto nello spoglio entroterra, dove risiede la cosiddetta "fabbrica dei moai".

Qui, nella notte dei tempi, le popolazioni indigene trascorrevano le giornate a scolpire le statue che poi, nessuno sa come, trasportavano spesso verso la costa, creando allineamenti che ancor oggi lasciano sbalorditi i viaggiatori.

Perché sono allineati? Perché si trovano su piedistalli? Come mai sono tutti diversi, sia in altezza che in espressione. Ci sono tratti in comune ma ognuno sembra impersonare qualcuno, ognuno sembra avere un’utilità nel complesso archeologico.

La storia è tronca poiché molte figure si trovano adagiate alla base della fabbrica dei moai, oppure appena abbozzate nella roccia. Altre sono conficcate nel prato: sono le più dinamiche,

sembrano quasi incamminarsi barcollando qua e là in direzione dell’oceano, come se il suono delle correnti marine e la spuma del mare in tempesta fosse per loro fonte di energia. La presenza e tridimensionalità delle statue che incontro a pochi centimetri è impressionante: sono forti, hanno tratti geometrici spiccati e sporgenti, sono talmente pesanti da non poter cadere. Sembrano in movimento, forse lo sono, forse è l’isola che traballa o forse questo è proprio l’ombelico del mondo ed è la mia testa ad essere instabile. Non posso e non voglio toccare questi capolavori di pietra, per rispetto e paura, come se da un momento all’altro potesse risvegliarsi il brutale spirito intrappolato in quegli sguardi. Se i moai sono cattivi non lo so, forse è proprio il contrario. Forse mi stanno sussurrando qualcosa? Fatico a percepire il loro messaggio, ho bisogno di più tempo. Mi sento un Indiana Jones alla ricerca di un significato in tutto questo ma allo stesso momento sono cosciente che non sia così importante trovarne uno, coerente e scientifico per lasciarmi vivere da questo microcosmo dove è custodita la storia del mondo. A tratti l’Isola sembra un campo di battaglia: moai abbattuti, spaccati, sconfitti. Cappelli sparpagliati qua e là senza più un proprietario. Ah, già, i cappelli! I cappelli dei moai sono di colore diverso, di un tufo di rossastro. Quel tufo si trova a qualche chilometro di distanza dal promontorio dove vedevano la luce i moai. I cappelli non erano di paglia, erano rocce colossali e pesantissime che avrebbero dovuto rotolare lungo tutta l’isola per conoscere i futuri proprietari e che i moai, soli, non avrebbero potuto posizionarsi in testa. Ecco un altro piccolo grande mistero: come è possibile issare un copricapo colossale sopra statue che superano i 10m? Jakob Roggeveen, esploratore olandese, fu il primo a sbarcare sull’isola la domenica di Pasqua del 1722. James Cook la raggiunse nel 1774. Entrambi si saranno posti diversi interrogativi, che sono gli stessi che ci poniamo oggi. È incredibile, è magnifico, un vero privilegio.

La mia interpretazione in questo momento vale tanto quanto quella di Cook o del più gettonato scienziato del XXII secolo! Nessuno ha una risposta, come se questa fosse una religione occulta.

Il sole sta scendendo all'orizzonte e improvvisamente il mio sguardo si annebbia. Nubi color pece e fulmini preannunciano un forte temporale a est. Le figure che mi trovo intorno perdono di definizione e sembrano quasi mutare allo stato liquido, forse si stanno sciogliendo o forse sono io ad essere in preda a un attacco di non so cosa. Sento il terreno sotto di me muoversi, perdo l'equilibrio e mi accascio a terra a pancia in su.

Immagine di fantasia realizzata con Midjourney

I moai sembrano osservarmi dall'alto come se fossero sul punto di trasformarsi. Stiamo sprofondando assieme. Sento rocce frantumarsi, statue cadere, il pavimento del mondo traballa violentemente ed è come se l'isola dovesse inabissarsi da un momento all'altro, per tornare a celare quell'incredibile mistero negli abissi più profondi.

Mi lascio andare inerme e attendo di scoprire il mio destino. Improvvisamente l'oceano ruggisce e va a riempire ogni anfratto. In breve tempo vengo sommerso e con i moai sprofondo in quella che forse era la sede di Atlantide...

Scendo sempre di più ma continuo a respirare, è tutto così incredibile là sotto e i moai sembrano avere finalmente ritrovato la loro dimensione, lontani da quella trappola terrestre.

Mi sveglio con un tremore, mi ero assopito su un prato rapito dalla suggestione di questo luogo fuori dal mondo.

Essere qui è il vero privilegio, solo per il fatto di trovarsi così lontano da tutti e tutto la percezione delle cose cambia radicalmente. Cari amici, sapete quanto amo raccontare le mie esperienze in luoghi remoti e a volte poco conosciuti.

Per completezza di informazione voglio aggiungere una piccola appendice sicuramente meno bella ma che aiuta a capire le dinamiche del nostro pianeta e quello a cui stiamo andando incontro. Come sapete l'Isola di Pasqua è una delle isole più remote al mondo. Potete quindi immaginarvi scogliere e spiagge incontaminate. In parte è così, perché comunque il turismo è presente ma anche una forte tutela ambientale (Rapa Nui è Patrimonio dell'Umanità). Nonostante ciò, camminando su una spiaggia ho trovato quello che vedete qui sotto:

Se tutto questo ha raggiunto via mare le coste della minuscola isola potete immaginare senza troppo sforzo che cosa si possa trovare nei nostri oceani...e le conseguenze di tutto ciò. È giusto riflettere. Ho la fortuna di viaggiare moltissimo e di vedere tanta bellezza. Così come ho la possibilità di avvicinarmi costantemente al sublime, ho un senso di gratitudine che mi pervade.

È altresì importante per me narrarvi anche dell'altro lato della medaglia, perché questo tipo di testimonianze forse valgono più di qualsiasi studio scientifico o servizio televisivo. Una testimonianza diretta è schietta, senza filtri, drammatica. Rimane. Questo è il problema, questo è uno dei problemi. Vediamo comunque il bicchiere mezzo pieno, voglio avere fiducia nel genere umano, in tutti noi. Voglio avere fiducia in quel genere umano che ha avuto la genialità, la creatività, la forza e l'inventiva di creare quello che è un sito storico di una bellezza e di un mistero senza eguali!



Contattatemi per maggiori informazioni o per visitare in mia compagnia l'Isola di Pasqua, idealmente dopo uno dei photo tour che ogni anno organizzo in Cile! Qui i programmi di viaggio aggiornati: TUTTI I VIAGGI

Un abbraccio a tutti e a presto, Andre

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