Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che lasciavo traccia dei miei spostamenti in giro per il mondo su questa mappa divertente. La trovo divertente perché mi ricorda l’Andrea bambino che davanti al mappamondo puntava il dito su questa o quella terra remota, immaginandosi su una spiaggia deserta, in cima a una montagna aguzza o in mezzo alle belve di chissà quale foresta primordiale. Si è parlato spesso in questi mesi del tanto auspicato “ritorno alla normalità”, quanto abbia senso questa affermazione non lo so e onestamente non credo sia importante.
Ognuno di noi segue binari diversi anche se la società tende ad incanalarci verso la stessa direzione, finché non si trova la forza per ribellarsi. Mi sono trovato a riflettere a riguardo e sento di dover ringraziare ancora una volta questo periodo, che essendosi protratto ormai per quasi due anni, mi ha concesso il tempo per imparare tanto. Con l’arrivo della pandemia non mi sono mai trovato ad attendere il momento in cui “saremmo tornati alla normalità”. Con l’arrivo della pandemia sono invece piombato nella normalità! Sì, perché fino al 10 marzo 2020 la mia vita non è stata normale: potevo scegliere quanti autunni testimoniare nell’arco di un anno, quanti inverni, quale continente raggiungere per la prossima esplorazione e quale lingua parlare o imparare. Cambiare fuso orario ed emisfero faceva parte del mio stile di vita. Una vita che non trascorreva più velocemente rispetto a quella odierna, fatta di piccole cose e di, appunto, normalità. Ho scoperto che il tempo scorre comunque, alla stessa velocità. Con questa pausa ho capito finalmente che cosa significa normalità, e mi rallegro di ciò. Siamo sempre indaffarati e determinati a costruirci una vita migliore, più interessante e movimentata, piena di avventure, conoscenze e soddisfazioni professionali. È una cosa magnifica la crescita personale e sarò sempre un paladino in tal senso. Mi sono però accorto che la crescita personale può avvenire anche rallentando. Così come l’atleta immerso nell’acqua ghiacciata trova giovamento in un corpo improvvisamente più sensibile e che diminuendo i battiti cardiaci scopre nuove emozioni e sensazioni, ritrovandomi nel nido per lunghi mesi ho riscoperto che nella tranquillità, nella costanza, nella prevedibilità delle giornate e nel concetto di sottrazione, si può crescere. Anche nel confronto con gli altri scopri nuovi orizzonti, che puoi raggiungere anche dal divano di casa o davanti a un caffè. Ci possiamo confrontare con persone in carne ed ossa, con amici, parenti oppure gente che incontriamo casualmente. Lo possiamo fare leggendo libri, guardando un film, andando ad approfondire storie di grandi persone che hanno lasciato traccia su questo pianeta. Ecco, vorrei tanto lasciare traccia. Mi sento speciale, voglio essere speciale, per chi mi vuole bene e per chi verrà. Quando sento i brividi leggendo un tomo di fine 800 o inizio 900 è perché chi ha scritto quelle parole è come se fosse entrato nel mio cervello per un attimo e avesse estrapolato un mio pensiero. Sono passati cento, duecento anni, il mondo è stato stravolto eppure questa connessione è ancora presente, siamo umani! È magnifico. Perché anche noi non possiamo avere questa opportunità di creare una vera e duratura connessione anche con persone che devono ancora nascere? E allora scriviamo, creiamo, risvegliamo l’artista che c’è in noi. Senza un fine specifico, solo per il gusto di lasciare traccia. Perché siamo tutti artisti in fondo…verba volant, scripta manent. Un semplice diario, un disegno, una registrazione, l’immagine di un qualcosa che ci colpisce e che vorremmo raccontare. Mi piacerebbe che questi miei pensieri rappresentassero un invito all’azione, perché ci ritroviamo troppo spesso a perdere tempo davanti a un telefonino, a discapito di momenti che potrebbero diventare davvero significativi, per noi ma soprattutto per gli altri. E tutto questo può avvenire nella quotidianità, nella normalità. Mi vengono i brividi a pensare a questo privilegio! Lasciamo traccia, signori! Ora sarò in Spagna per qualche tempo, eccitato, emozionato ma non per questo più felice di prima. Il viaggio fisico è solo una delle chiavi, quando tornerò e l’inverno starà per arrivare, la vista dei boschi innevati dalle finestre di casa sarà la semplice conferma che sono presente, che sento e che proverò a lasciare la mia traccia in questo mondo, ovunque gli eventi mi portino! Dopotutto abbiamo solo bisogno di sentirci umani e di capire il valore del tempo. Life is beautiful, Andre
Come sempre è molto bello leggerti ! mi ritrovo molto in quello che scrivi… la “normalità“, concetto che per me non esiste…non c’è un normale e un diverso, c’è l’unicita‘ di ognuno di noi! E il “lasciare traccia” e’ qualcosa su cui spesso rifletto…